
Avrei voluto nascere da te, planare sul tuo davanzale come un gabbianello rosa, fuggire da quel dolore ancora prima di venire al mondo, nel tentativo di cambiare un destino ostile, un’infanzia dolorosa, per tuffarmi poi nelle tue acque limpide e profumate, ricche di fertili parole.
Avrei voluto essere accolto dal tuo sorriso illuminato, caldo come il sole, fluttuante in quell’azzurro infinito carico di vita, ed essere proprio io ad asciugare quella lacrima di dolcezza disillusa, desiderata tanto e poi volata via, persa, smarrita come una cosa.
Avrei voluto viaggiare dentro te nei tuoi lunghi voli, vedere, occhi nei tuoi occhi, luoghi ed esseri umani straordinari, respiri da custodire nella memoria, coltivando da esperti giardinieri i cuori più rari, per poi ripartire percorrendo nuovi sconosciuti itinerari.
Avrei voluto addormentarmi, stanco di giochi insieme, fra i tuoi capelli ambrati che, come puledri alati, mi avrebbero portato in vetta al sogno di una favola straordinaria, mentre inventavi per me una nuova storia, scritta su di mille pagine di gioia.
Avrei voluto che tu, con la tua amorevole pazienza, mi avessi insegnato a vivere, salvandomi dalla cattiva strada, togliendomi di mano quella spada, curando le mie ferite con la tenerezza di una dolce rima, che non confonde mai la rosa con la spina.
Avrei voluto sentirti scorrere nel mio sangue, ascoltare incantato la chimica melodica del tuo cuore, essere accarezzato dalla voce calda e quieta del tuo pensiero, che, ne sono convinto, mi avrebbe amato ogni minuto, desiderato più di un premio letterario.
(Il Madremoto)